L'Oratorio di Sant'Antonio
dei Cavalieri de Nardis

La sera del 12 giugno 1646, nel palazzo di Ottavio Nardis, cavaliere di Santo Stefano di Toscana, si tenevano i vespri di Sant'Antonio da Padova. Davanti all'altare della cappella del palazzo, sopra la quale era stato affrescato da un giovanissimo artista il santo portoghese nella sua posa tradizionale, erano raccolti a cantare i vespri i familiari del cavaliere e anche diversi devoti. C'erano stati terremoti e pestilenze in quegli anni, e ognuno pregava per la propria salvezza. Uno dei devoti, storpio dalla nascita e che era chiamato Corto, pregava con particolare fervore. A un certo punto si alzò gridando, lanciando le "crocciole" (le stampelle) e gridando "Sant'Antonio mi ha liberato". Subito si gridò al miracolo: Corto andò in giro per la città raccontando di quell'immagine miracolosa in casa del Cavaliere, che cominciò subito a raccogliere la devozione del popolo aquilano.

Tanto intenso era il culto, le richieste di grazie al santo, le grazie ricevute (con conseguenti ex voto che venivano deposti nelle sale del palazzo), che il Cavaliere, coinvolgendo in una confraternita altri suoi parenti, altri nobili e cittadini aquilani, intraprese la costruzione di un tempio dove traslare l'immagine miracolosa che fosse a gloria di Sant'Antonio, della Città dell'Aquila - e naturalmente anche della famiglia.

Un anno dopo, il 13 giugno 1647, l'immagine venerata veniva traslata nella nuova chiesa in costruzione, mentre una messa solenne veniva cantata sul primo altare realizzato. A memoria di questo, quella data e una croce rossa (simbolo dell'ordine cavalleresco del quale Ottavio faceva parte) vennero incise sul fronte dell'altare.

Alla costruzione parteciparono i migliori artisti e artigiani che si poterono trovare all'Aquila in quel momento: lo scultore Ercole Ferrata, che sarebbe poi divenuto celebre a Roma come seguace di Bernini, scolpì la statua sulla facciata, che riproduceva l'iconografia dell'immagine miracolosa. Venne coinvolta la comunità di costruttori e plasticatori lombardi che si era stabilita in Abruzzo (in particolare la famiglia Ferradini) e pittori napoletani, romani, toscani., in particolare Giacomo Farelli, Lorenzo Berrettini e Francesco Bedeschini.

Nel 1650 viene costruito, da Luca Neri da Leonessa, l'organo. Negli anni successivi viene realizzato il paliotto, capolavoro della ceramica di Castelli, con ventisette formelle rappresentanti santi, talvolta calati nel contesto urbano dell'Aquila del '600.

Nel 1703, come gran parte degli edifici dell'Aquila, viene pesantemente danneggiato dal terremoto del 2 febbraio. Negli anni successivi la confraternita intraprende i lavori di restauro e ricostruzione. Le parti dell'edificio dove la ricostruzione settecentesca è più evidente sono la grande cantoria dell'organo, che sostituisce quella precedente, e, soprattutto, il soffitto. Questo è opera lignea di Ferdinando Mosca da Pescocostanzo, decorata poi da Giuseppe Ciferri. Nel grande riquadro centrale venne poi realizzata, dal veneto Vincenzo Damini, la tela con Sant'Antonio da Padova che offre alla Vergine la città dell'Aquila.

Oggi l'Oratorio, oltre che per celebrazioni private, è aperto frequentemente per eventi religiosi, musicali e culturali, specialmente d'estate. Grazie al prezioso organo che custodisce e alla meravigliosa acustica è spesso sede di concerti, oltre a venire utilizzato per registrazioni musicali. È aperto a visite per gruppi, su richiesta, e nel corso dell'anno, nell'ambito delle iniziative proposte dall'Associazione o a cui l'Associazione aderisce.